Copia di “Love”, by “THE ASSASSINS”, ovvero dell’amore e di altri ritorni.
"LOVE", "THE ASSASSINS"- Flavio Zanuttini, trumpet, electronics; Cristiano Arcelli, alto saxophone; Giulio Stermieri, Hammond organ, synthesizer; Francesco Cusa, drums, con Francesco Nurra, vocals.Un disco che bracca l'ascoltatore è raro da trovare. "Love" è tra questi. Pubblicato da Improvvisatore involontario, il disco di The Assassins è una organizzata marcia nella valle dell'Amore, un pellegrinaggio musicale che fa del Jazz una esperienza nel senso hegeliano della "Fenomenologia dello Spirito", esperienza come viaggio, come vissuto, come ricapitolazione di un divenir coscienti di ciò che si è, ovviamente e puntualmente naufragando, fallendo e coattivamente, ripetendo, soprattutto l'esperienza del precipizio - il precipiziodi Eros. Ma non solo. Che cosa possa dire la parola intorno al suono, essendo la parola suono e il suono lo specchio del Tutto in una vibrazione, chi scrive non lo sa. Ma ognuno dei brani del disco ha un titolo, LOVE e dei sottotitoli, le variabili del discorso amoroso, ma soprattutto i suoi ripiegamenti e le sue fantasmatiche allucinazioni. Queste ne sono la verità - la verità di un di-scorrersi di Eros che è infantilmente turgido di sé e il turgore non perdona. Ma la specificità allucinatoria di questo jazz è nietzscheana. E lo è nel volersi eternamente dello stesso desiderare e di tale desiderare totale essere esecutore e schiavo, è il demone della "Gaia Scienza": "IL PESO PIU GRANDE. Che accadrebbe se, un giorno o una notte, un demone strisciasse furtivo nella più solitaria delle tue solitudini e ti dicesse: "Questa vita, come tu ora la vivi e l'hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà mai in essa niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni cosa indicibilmente piccola e grande della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione - e così pure questo ragno e questo lume di luna tra gli alberi e così pure questo attimo e io stesso. L'eterna clessidra dell'esistenza viene sempre di nuovo capovolta - e tu con essa, granello di polvere!" - Non ti rovesceresti a terra, digrignando i denti e maledicendo il demone che così ha parlato? Oppure hai forse vissuto una volta un atto immane, in cui questa sarebbe stata la tua risposta: "Tu sei un dio, e mai intesi cosa più divina!"? Se quel pensiero ti prendesse in suo potere, a te, quale sei ora, farebbe subire una metamorfosi, e forse ti stritolerebbe; la domanda che ti porresti ogni volta e in ogni caso: "Vuoi tu questo ancora una volta e ancora innumerevoli volte?" graverebbe sul tuo agire come il peso più grande! Oppure, quanto dovresti amare te stesso e la vita, per NON DESIDERARE più alcun'altra cosa che quest'ultima eterna sanzione, questo suggello?" - "La Gaia Scienza", V, 341. Ebbene il non desiderare più è l'esser ciò che si è, e ciò che si è è l'evento e gli eventi in atto di ogni istante che realizzano sempre di nuovo ciò che si è. L'amore e le lacrime di Eros sono il demone fantasmatico che ci tende la trappola ma la trappola e la preda e il demone e la luna e il ragno non siamo che noi nella luce di questa coscienza che ha trasformato l'alienato da sé nel creatore di ciò che si è. La verità di "Love" è la narrazione impossibile di questa scelta. La variabili di Eros sono l'inganno della Differenza e l'Identico, il Costante; è l'esser sé del fantasma ineffabile dell'atto d'amore che non può compiersi mai, ma ripetersi come si ripete l'esistente. La voce infantile, nell'ultimo brano, è il cenno di un verso senza coscienza che sembra un amplesso che è insieme nascita, sforzo, eiaculazione, ira e soddisfazione, frustrazione e persino morte che pensa alla vita e si accoppia con il destino, chiude un disco che si inoltra nel cervello e nella carne spirituale di un ascoltatore che prima o poi incontrerà il suo demone che sussurra nelle tenebre. Tenebre d'amore.
Giuseppe Carbone.