La Filosofia. Frammenti

05.04.2020

1.La memoria del mondo deposita il suo corpo indurito e invecchiato sul molle ventre del pensiero e questo deve consolarla - dare un senso pure alla sua Tristezza abissale. Ma se il corpo che è la memoria del mondo cerca l'abbraccio del pensiero, essa non ricorda che è quel pensiero il suo sottosuolo che ne generò le azioni. Quindi essa non fa riconoscere che il suo fallimento è il suo stesso padre, il pensiero. Ed in questo perverso abbraccio, memoria e pensiero restano identici.

2.La Verità che la filosofia afferra non è obiettivabile anche se incontrovertibile. L'io empirico non la può accogliere, perché il suo "bisogno" non riguarda l'incontrovertibile, ma il contraddittorio, il controvertibile - aspira, l'io empirico a ciò che esso stesso è: il niente in cui crede e il niente che crede d'essere, follia. Così la Verità resta per pochi, resta legata a quei pochi che ne provengono piuttosto che di coloro i quali credono di andare ad essa. O possederla. Come l'amore - vibrazione e compagnia, legame e radicamento, cura e abbandono - la Verità ti attraversa e possiede.

3.Una suggestione bruniana. Ciò che ci appare e il nostro stesso apparire che rende protagonista il Finito, il Limite, il Giogo del Perituro, non è che inganno. Senonché è l'Infinito dell'eterno che si deve pensare come la condizione del Reale - dell'apparire dei Visibili e degli Invisibili, i quali sono relazioni prospettiche per ciò che stati molteplici d'esistenza possono vedere o non vedere - con l'intelletto cui partecipano innumerevoli essenti di cui, ancora, l'apparire Uomo e tantomeno il suo io empirico possono rendersi ragione. E se non fosse, il Tutto intellegibile, immerso nell'inintellegibile relativo, nulla sarebbe possibile di ciò che appare - di ciò che chiamiamo esistenza reale. Il Pensiero abita quella sfera infinita intellegibile dell'inintellegibile eternità del Tutto. E il suo de-stare consiste nel risveglio palingenetico del suo ad-venire all'apparire definitivo. "Chi sono io", resta la domanda del naufrago che si afferra al Limite. Al di qua del quale c'è la sua liberazione che egli ancora non scorge.

4. Una filosofia della natura quantistica del Tutto. Il "quantum" sostituisce l'"elementum", ma tanto l'uno che l'altro sono flussi della Materia Spirituale generante l'apparire. E in essi l'eternità dell'essente entra nell'apparire che ne è la concrezione estensiva, la condensazione d'istante. E nell'apparire entra il Pensiero, il Pensare - per cui non c'è un "io" che pensa, ma un Pensare che attraversa l'"io", che è in quel Pensare trascendentale infinitamente più grande di quell'"io" che si crede un nulla che "produce" pensiero. Allora Materia e Coscienza sono una identica potenza che appare.

5. Questo io empirico, l'hecceitas o essentia che "si crede", incedendo, protestando, amando o odiando, mangiando, dormendo, bruciando, elide nel proprio cammino quell'essentia individuata. Il suo Dasein vive per l'infinitamente molteplice struttura che connette il Tutto, lì il suo DESTINO. Questo conferisce all'azione la sua inconsistente contraddittoria irresolutezza più quanto appare "reale" insieme al "reale".

6. La Forma come esplicazione. Individuata la Forma, lo stato che si rende visibile in essa esplica la Struttura che connette. Ma la Forma è mediazione - volontà di potenza in atto. l'identico non esiste. Si dà il differente che è identico nell'essere il differente, giacché l'identità di sé a sé si esplica nella differenza e nel legame che i differenti intessono con l'identità della loro differenza, cioè nel loro identificarsi con l'essere differenti. Se infatti si pensasse l'identico come la collezione dei differenti, o il suo insieme, allora l'identico sarebbe l'insieme degli identici che non può essere il proprio insieme. Ma se l'insieme è dei differenti, infinito è l'identico come l'identità dei differenti IN QUANTO differenti; allora il legame dei differenti non è dato dalla loro impossibile identità, ma dal loro essere identità di differenti in quanto differenti. La Forma non è identità, ma dispiegamento che esprime nell'apparire dei differenti la contorsione del loro "credersi" identità isolate. La Struttura che connette non può essere vista, ma essa vede la totalità dell'apparire dei differenti e l'identità di una Forma che non è quella creduta dalla volontà. La struttura che connette o è i differenti o non è.

Giuseppe Paolo Carbone - Filosofo.
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