La Maschera senza faccia

05.04.2020

La finzione sociale, come ogni finzione, decantando la propria industria del falso, si coglie già sempre nella sua inadeguatezza nella malcelata malafede della sua livrea. Come il cameriere di sartriana memoria - l'exemplum de L'Être et le Néant (1943) - quella costruzione che si esibisce esattamente come piove o c'è il sole, semplicemente accade e nel suo sforzo di essere reale conferisce appagamento all'io empirico che ne fruisce, come attore e come spettatore. Ma la consumazione delle epifanie sociali o virtuali o mediatiche fa parte del processo della loro formazione, vi è implicita. Destino della maschera è la fruizione e consumazione, tant'è, con buona pace del famismo di Gino Raya - accademismo, come l'ebbe a definire già negli anni '70 A. M. Bonanno - che non è l'amore ad esser cannibale, ma l'essere sociale in quanto tale. Nel nostro tempo la società incarna compiutamente la dimensione del naufragio controllato. Naufragio esistenziale gestito dal potere o dai poteri che non sono organizzati gerarchicamente, ma connessi in una rete che circuita finte opportunità, controllando le maschere che gli stessi poteri informano di scarti, carcasse, scheletri, i quali servono a mettere in scena - il campo sociale - le facce criptate, personæ di una fiction senza scopo. Non si tratta di consumismo, categoria ormai stantìa da sociologismo postbellico o che puzza del tanfo delle vecchie - ma ancora letterariamente gradevoli - critiche alla società industriale avanzata. Ma di consumazione, il pasto osceno profetizzato da Artaud, cui è soggetto il soggetto sociale, attore sociale che si definisce come agente, consumatore illusorio, come maschera, del suo stesso essere-in-società di altre maschere, consumatore d'altri. Le pelle sociale è carnivora, si nutre d'altri, fino a bramare le facce che stanno sotto le maschere. Facce tutte uguali ed essiccate dalla brama cannibale la quale delira la propria consunzione. L'immigrato, oggi, è il perfetto rozzo disperato attore sociale. La sua brama, quindi, è la consunzione innocente che giudica, male, il naufragio controllato della società. E se una società si arroga il diritto di scacciare l'immigrato venuto a cannibalizzarla è perché vede nello specchio di quella che invece lo accoglie il proprio male cannibale - consumazione e consunzione di identità fittizie. Buon appetito a tutti il pasto osceno è appena iniziato.

Giuseppe Paolo Carbone - Filosofo.
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