L'ultimo Uomo e i nuovi Indovini.

06.04.2020

 Dante colloca all'Inferno la genìa maledetta degli Indovini, immaginandoli con la testa torta all'indietro, perché volendo guardare il futuro, interdetto ai mortali e conosciuto solo da Dio, siano costretti a guardarsi le terga dannati per l'eternità (Inferno, XX, 1-30). 

Morto Dio, secondo il profeta filosofo Zarathustra/Nietzsche, è preoccupante che non ci sia più nessuno a dannare, non solo gli indovini del nostro tempo, ma anche molti altri malfattori. Ora, gli Immutabili, che sono stati distrutti dal nostro inevitabile "progresso", quegli Immutabili che secondo Ivan Karamazov, dal momento che non esistono, allora "tutto è permesso", confutano con la loro estinzione questo stesso enunciato e lo rendono equivalente al suo opposto, retroattivamente, giacché la Storia ne è la narrazione: poiché gli Immutabili esistono o meglio, sono esistiti, allora tutto era ed/o è permesso, come insinua Onfray con lubrico cipiglio libertino. In altre parole, la credenza in dio o negli dei, o in ogni sorta di suprema Ragione o Causa finale dell'essere, è indifferentemente strumento degli scopi dei mortali stessi, furbi criminali terranei i quali creano i loro Immutabili a loro immagine e somiglianza. 

Non è peregrina l'ipotesi che il "rimedio" che i mortali avrebbero concepito, per difendersi dal terrore (Thauma) dello morte e del nulla, non fosse un rimedio, ovvero una "téchne" per arginare il terrore e procacciarsi certezza d'immortalità, più di quanto non fosse il sogno folle di dominare e controllare le potenze insondate dell'Es, di un Es che farei coincidere con la netta percezione notturna del Chaos, padre di tutti gli dèi, ciò che in definitiva mi appare come l'unico Tutto Avvolgente jaspersiano, ciò che è Tutto e l'Imprevedibilità di tutto, ovvero la necessità dell'Imprevedibilità.

La Morte, voleva Heidegger, è l'essere proprio dell'esserci, cioè la sua struttura profonda più autenticamente originaria, ciò che fa definitivamente l'esserci dell'uomo ciò che l'uomo autenticamente deve essere; ma Adorno ne smaschera la ferinità e trivialità ideologica quando nella "Dialettica negativa", quel nulla che l'uomo è in quanto votato al destino della Morte, è lo stesso nulla dell'individuo massificato, mera funzione al servizio provvisorio dell'Apparato. Ed infatti, in principio fu L'Apparato, forse, a insorgere dall'Imprevedibile, per mettere in scena la favola della potenza dell'uomo sul mondo e sull'uomo medesimo? Non fu Téchne la prima figlia di Chaos? Téchne dunque come Ordine/Kosmos?

E il fondo infondato? L'Es teratologico che si muove al di sotto dello strato visibile del reale? Non è una novità che l'Ordine/Kosmos sia stato steso sul preoccupante "stato di natura" dell'uomo, dall'uomo stesso, salvo a non potersi definire in alcun modo che cosa sia questo "stato di natura" che infine coincide con ciò che l'uomo è: l'Ordine stesso che esso impone, essendo l'uomo invisibile e incircoscrivibile senza il suo essere storico, senza la sua téchne, senza Kultur e Zivilization.

Cosicché il Tutto Avvolgente, questo Sphaìros cerchio infinito dell'apparire dell'apparire dei cerchi finiti - già immagine d'Elegia rilkiana - che è apparire della Morte e della Nascita e della Storia come ultimo dettaglio di un darsi frattale di eventi e costellazioni dell'essente - severinianamente - dispone solo della Contraddizione che noi stessi siamo, che è il tempo dell'apparire e scomparire degli essenti e che vela l'Immutabile al nostro sguardo, secondo Severino, perché noi siamo gli Immutabili nel Cerchio infinito del Destino. Noi non scorgiamo in nostro de-stare eterno.

Difficile collocare l'umano troppo umano in questo immaginario metafisico. Questo immaginario ontologico presume una estinzione di questo nostro Ultimo Uomo, la sua scomparsa dal cerchio dell'apparire. L'Ultimo Uomo dell' Antropocene, l'Ultimo uomo che ha distrutto l'ultimo immutabile, la Morte, l'Ultimo Uomo che l'ha dimenticata, l'Ultimo Uomo che ha paura di perdere tutto quello che ha accumulato con le sue piccole ABITUDINI, che ha accumulato il repertorio di finzioni sulle quali si stende il suo improbabile Ordine/Kosmos, l'Ultimo Uomo come l'Ultimo Mortale Ignaro.

Ma questa dell'Ultimo Uomo è a sua volta una figura obsoleta, il pezzo di un gioco filosofico vecchio, che nessuno vuol giocare più e si studia solo sui manuali o su qualche classico contemporaneo. Così il suo Es Chaotizzante, improbabile frattale psichico ha fatto irruzione o meglio, si è rivelato l'invisibile animatore del Villaggio globale, il campo elettromagnetico dei Sistemi complessi, la liquidità stessa, slogan baumaniano che memore della Velocità e del Rischio, da Virilio a Beck, non lascia scampo all'Ultimo Uomo e lo allerta, come a dirgli costantemente: "Sei l'Ultimo Uomo".

E se questi lo sapesse benissimo? E poi la figura, non è che una figura, una cosa che non esiste e che gli stessi INDOVINI hanno inventato. Dunque l'Indovino fa e disfa le figure del suo gioco di volta in volta per dar spettacolo, il suo spettacolo.

Chi sono gli Indovini del Villaggio globale e della Complessità non è difficile da scoprirsi. Invece è difficile liberarsene perché lApparato ne ha bisogno, come i re avevano l'astrologo. 

Allora Apparato e Indovini dovranno condividere il loro destino infernale?


Giuseppe Paolo Carbone.










Giuseppe Paolo Carbone - Filosofo.
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