Shakespeare's Hamletmaschine Revolution. Poema Beatepico

05.04.2020

CANTO I.

Oh, Musa di fuoco incastrata in metropolitana, brucia binari d'incenso e parlami, parlami ancora. Cercherò lingue di ghiaccio per sentire il tuo fuoco fermarsi e crepitare come fosse bitume caldo dentro il frigo vuoto. Allora esplodi con me e racconta di galassie killer,di amanti instancabili, di faraoni XXI secolo che discendono agli inferie impotenti lacerano con canti feroci la volta di ghiaccio della casadi Lucifero. Canta per me, dentro, oltre me, il tuo canto d' amorela beata lingua oscillante nel piacere altissimo di una santità innocente.Canta Musa, senza fermarti, senza sosta, come fosse un amplesso,come fare all'amore rubando gli sguardi perbene dei saggi invecchiatisperando nel regno di dio, da dove certamente sono già stati scacciati.Questo mio poema io scateno contro la menzogna non vera, contro il reale mondo dei dormienti, contro il mondo assonnatodei santi perbene, contro la giustizia dei salvatori, contro la carta digitaledelle anagrafi della coscienza ammorbata, contro ogni Moloch che sputa la merda evangelica dei padroni del mondo che maciullano ribelli. E canto per loro, canto per la loro morte, canto.Canto per la loro beatitudine in questa vita, liberi da ogni coscienzaperché al di sopra e al di sotto d'ogni coscienza,liberi come il mare che è dovunque, inconsistenti come l'acquache può essere devastante, pestilenziali come un morbo-pensiero-poemache è scritto nel mare di sangue che la Follia ingravidatadai legislatori messianici (e presidenti e sovrani e popoli intossicati dal denaro), custodisce nelle immense piscine della loro realtà.Canto, perché è vera giustizia cantare il Rifiuto di ogni dovere,di ogni vendetta, di ogni categorico imperativo che decide la libertà.Canto la dissoluzione che è ri-creazione, canto la palingenesi,ce ne fosse mai stata una. Canto per Shake per Heiner e Bakuninil piacere di rompere il culo ad Amleto e a tutti i principi di questo mondo.Canto perché Claudio ha un suo perchéCanto perché Fortebraccio sprofondi nel ghiaccio,Canto, insomma, perché non ci sono Spettri sinceri, ma sono tutti dei bugiardi guastafeste rompicoglioni che rabbuianolo splendente cielo della notte poetica in cui io voglio solo amare la mia donna, giovane, fresca, bella, vera,con le sue lunghe gambe, i suoi ricci infiniti, il suo ventre terrestrei suoi occhi d'orizzonti stellari, il suo nome d'undicesima MusaMagica Sapiente odorosa di sesso e incensi angelici. Canto infine perché nei miei sogni io sono un diotalmente cattivo che la coscienza fugge da me.Solo resta un Intelletto in lacrime di gioia, danzante e ringhianteche sa ridere perché è un clown beato dotato di un saperesovrumano e inutile, inutile come il desertodove gli asceti dormono le loro superstizioni divine.Adesso guidami Musa incandescente, l'Iscariota è mio fratello.

CANTO II.

Se l'ezrrante Pound fosse qui m'implorerebbe di smetterema io comincio lo stesso perché l'Iscariota emissario della Musaanche lui ha qualcosa da dire.Nacque, ma non gli bastò farlo semplicemente. Poiché nacque da Tommaso l'Aquinate e Spinoza l'ebreostrana combustione questa, che lo rese a vita disadattato ma dotatodotato di enormi e mostruosi poteri.Il suo primo viaggio l'intraprese a guardia di un castello, il proprio io,maschera informe che alitava disordine.Macchinari anni '70, nel libro mastro degli acquisti familiaritutti distrutti e donati per masochismo infamante.Dal padre tonante prese l'abietta anarchia inconscia, una inedia accidiosasorta d'indifferenza mal repressa - dalla madre non si bene che cosa, forse la sapiente egocentrica follia di infischiarsene dell'intero universosoprattutto in tempi di crisi. Dal nonno paterno la collerae la voglia d'avventuramai sviluppata fino in fondo,dalla nonna paterna il santo oblìo di una incosciente nullità.Dal nonno materno di certo l'orgoglio inutile e vanoda una nonna materna mai conosciuta l'ingorgo dei sensi, chissà.Mediocre con lampi di genio, quindi un individuo decisamente acerboforse pazzo, ma di una ragionevole follia, già ingravidatodal Bardo del Globe. Con questo insulso bagaglio partì da fermoalla volta del mondo, ma alla ricerca, in fin dei contidi una sola vendetta: non obbedire mai obbedendo male e raggiungendosolo e soltanto quello che le donne custodiscono dentroamore da prendere, amore da dare, occhi per loro, tesi come orecchiequando al piano suona Richter o Michelangeli.La bellezza disperata era il suo orizzonteil racconto di vite incomplete per i contemporaneie di vite compiute per le leggende di cui si nutriva assetato come Agarnel suo deserto quando dio le parlòmentre faceva sgorgare acqua dalla roccia e lei partorivapartoriva colui-che-rimane, a guardare la Balena trascinare nell'abissoil clown dell'onnipotenza.Per anni cercò la morte, figurata, s'intende.Amava e odiava l'immane Crocifisso, perché percepiva le piaghe eccitanti piaghe di eros salvifico - egli le bramava, ne voleva addossodesiderava essere divorato mentre godeva, solo, insozzando tuttodella sua acqua benedetta. Poi la realtà irruppe nei suoi sogni e desideròla femmina gentile, la femmina calda, la femmina vuota da riempire, la carne cava morbosamente olezzante, la vita vera come fosseil regno di dio. Che ne sapeva del mondo, lui che non avevamai conversato con uno Spettro in carne ed ossa che reclamava vendettavendetta vendetta per essere stato ucciso nel pieno delle sue colpe.Eppure lo Spettro esisteva da qualche parte,perché, lo scoprì poi, ognuno ne aveva uno, certoquelli bravi lo chiamano ferita narcisistica, ma sempre un maledetto fantasma di merda è.Insomma se una metropoli alla provincia dell'impero democraticoè la tua culla, come puoi scampare allo Spettro che ti è toccato in sorte?Al DAIMON della tua pazzia borghese rimpicciolita all'anagrafe,impotente pure perché non sei stato educato marzialmenteal suicidio sublime, ma a crepare dopo aver tentato di esistere nel ganglidella merda letamaio sozzume subumano dell'immenso macchinariostorico culturale sociale finanziario europeo-globale cattolicoe anche altro, che coltiva la vita per allevare bestie da soma?Nasci già dannato e votato a diventar quello che sei secondo il vangelodel potere senza nome - l'intelligente foucaultiano bordello del sapere che vuole sapere e poi scopre che è solo molto stronzo.Viene nel mondo quindi e fatica, come un dannato Sisifo per imparareun bel nulla, certo coerente con la follia ammiratrice della contraddizionema liberamente prigioniero dell'isola di un io che non aveva scelto,e tuttavia dotato del sovrumano potere di fottersene fino al masochismo.Tutti i decenni del suo eone, giocati a poker senza saperequali siano le regole, le fottute regole, queste incomprensibili disciplinantibruciature di sigaretta.Era un ingenuo, un idiota, un santo di formidabile banalità.

CANTO III.

Ora, attendi al tuo racconto, al racconto del piacere che hai bramatoe sempre ottenuto, alla povertà che non ti è mai mancata, alla morteche devi saper narrare, epica, atroce, incompresa, indistruttibileeppure salvifica, anche quando non te la dai da solo, e soprattuttonon sei tu quello che muore e che vesti e seppellisci, ma tuo padreil tuo padre vittima e ribelle di spettri sconosciuti, venuto dalla Guerrache cinema e libri e tv rendono spot sportivo, grande madre di ferroe fuoco di un mondo narciso e cadavere sopravvissuto all'assassinio.Dunque, in ordine, il richiamo della carne - e quello dei libri - supermistura nucleare di estasi contorte e perversioni cannibali.Conobbe la femmina, mai più ne guarì.Esplorò quell'oltretomba di gioie e tormenti, di strazio e gemiticon qualche sorriso adagiato su nubi cristalline in procinto sempredi spaccarsi contro qualcosa, contro un evento contro una scelta contro,insomma, discorsi d'altrove uditi chissaddove e chissapperché.La femmina, ancora, questo tormento, questo termometro intemperantedi umori celesti che della carne si nutrono benché la carne li secerna.Ogni donna da lui posseduta era possidente di tutto il suo statoogni donna da lui frugata frugava in lui come un minatorecon casco e torcia, sempre più in fondo sempre più nell'abisso ancestraledell'animaccia sua. E ogni donna portava sempre ad un punto, sempre verso QUEL punto che, poi seppe, lui che non sapeva nulla, che era il punto FINALE. Speculazione psichica, analisi-vaniloquioma accettabile nell'età di Khali che attende alla palingenesi, che sempresempre s'annuncia con i morti, anzi col morire, con l'addio che è un dirsi ciao e ci rivedremo senza sapere se è vero ma sai che lo èperché credi che Proust abbia ragione quando parla di come Bergottelasciò questo mondo. Dunque morì, mio padre morì, spegnendosi - dice Marziale - come una candela, come in una candela la sua fiamma si spense, rallentando come la motrice di un treno, laggiù lungo il binarioche sporge in riva al fiume. Non fu un Kaddisch - non c'era Ginsberg con me, no - ma allora la cattedrale cattolica giocò la sua partita e furono canti e salmi dolenti. Un doppiare il Capo della Galassia e portare con séil rantolo della morte accompagnata, del Tramonto verso l'attesa che Eraclito dice attendono i mortali cose che essi non sperano.E qui si approdò, nell'Isola degli Eroi Mortie non ci fu bisogno di campane ma le campane suonarono e non ci fu altro che gli occhi in lacrime e la voce rotta e nessuno zio assassino, ma la compagnia di anime sciolte con te in un pianto che nega le vendette ma libera come la gratificazione di una morte solo può fare.Questa fu la fine - una fine che tracciò sul corpo del mondo un altro misterioso epitaffio.

CANTO IV.

Tutto è yoga e tutto cresce in mezzo al deserto che cresce e si gonfiacome il mare della misericordia di dio - dice il poeta - senza che neancheil cervello distratto s'accorga che il Vero galleggia nel Belloma il Bello non galleggia che nel cervello, l'immenso cervello dell'essereche sta lì, e pulsa sognando mondi e beatitudine.Dentro i sogni di questo cervello, nascosto nella mia nicchiasnocciolo i miei giorni e rubo vita all'impero del cosmodi stagione in stagione, e come i poeti metafisici intraprendo il mio viaggioe percorro sentieri, attraverso valli, fiumi, mari, montagne, boschie persino i cieli, sempre avvinghiato alle tue bracciabraccia che sanno di arcobalenoche danno la pace, che baciano la luce nascosta dei mie occhiche non vedo, che non guardo. Che nessuno specchio può restituireperché tutti gli specchi mentono della loro legge di riflessioneche resta rifrazione in perspectiva e slittamento semantico.Mostri ora vengono a portarmi il piaceredi creare imbarazzo, di non essere compresod'apparire pazzo ai maldicenti agli idioti benpensantia quell'amico che appollaiato nel colonnato di un tempiostona il suo canto minaccioso e strabuzza gli occhi per rivelareal mondo il segreto della sua ignorante paroliera imbecillità.Ma se mi conosci come fai ad essermi amico? - gli dissi a un crocevia - e muto, pur parlando e parlando, sciorinando giaculatorie da cuore malsano si vedeva che era morto, morto da un pezzo, sputato dal cervellosognante del cosmo strutturale. Pura di non esserepaura di non essere - perché non ci sono occhi che t'hanno mai saputofermare e sollevarti in alto nella beatitudine di un amor dei intellectualisascendendo per le dieci Sephirot e abbracciando la beata Necessitàche è il samsara di dio. Con te mio sciocco consogliere, indesiderato quanto stupido, io mi sono accompagnato e il giocodi vivere al di sopra della sfera mortales'è risolto in carnevale, perché così finisce anche il raccontoche l'anima bella si racconta nel pieno della sua attività ludicaquando crede nel proprio inganno masturbandosi con il cazzo degli altri.Ma per grazia ricevuta adesso è finita e trionfa la beatitudine quel dono d'intuizione che dà il Brivido per il Mistero Metafisico dell'Esistenza - che solo tu lo provassi, t'arrenderesti alla vera bellezza.Ma adesso. Che la guerra è finita, sei finito pure tusono finito anch'io, finalmente, libero dal vincolodi una politica del farsi ciò che non si è, e darmi al Tuttoperché niente conta che non sia Verità.Quindi povero, quindi ricco, quindi beato, quindi innocente e colpevolecapace di tutto, ormai schedato criminale dello spirito, demonio senza fruttoio che finalmente sono il Fico maledetto - Legione è il mio nome -posso prendere a calci il messia e gettarlo dalla rupe, così assaggia il sensodella ennesima caduta. Se la meriti o no, mi è indifferente.

CANTO V.

Sono nel mio labirinto e la mia donna mi respira accantoconosce la mia angoscia conosce il mio cantonella polifonica voce del tempo che non esiste se non nel puntoindefinito del cerchio che stiamo attraversando io e lei ignaristiamo rastrellando pensieri, dando loro parole - stiamo allestendo la scena della nostra necessitàqualsiasi cosa questo significhi. Il nostro castello interioredecorato e affrescato da tutta la storia dell'universo non cessa di farci segno, di darci ombra al riparo da bagliori e luci e suoni-rumorisiamo stati già soli, siamo stati già naufraghi, siamo stati giàeternauti dei mondi - lei bambina io vecchio, insieme asceti di una ascesa al Carmelo che ha la cima al di sopra della voltadove i tramonti finiscono e ricomincianodove la sapienza del dio è la nostra beatitudinedove Amore e Madonna Filosofia, attendono alle loro occupazioni.Ci sarà la Rivolta, perché il nostro grido armerà tutte le legioni di spiritisinceri, di spiriti ubriachi di verità. Di eversivi rabbiosi oppressi che vogliono il sangue dei corrotti, dei ciechi ammorbanti potenti della Terra, dei maledetti padroni, dei loro dei,delle loro mogli e dei loro figli.E qualunque sia il risultato noi saremo lontani dalle Azioni - noi saremoliberi dal frutto della Follia, perché saremo Amanti Amati d'Amore. 

SHAKESPEARE'S HAMLETMASCHINE REVOLUTION.

Giuseppe Paolo Carbone - Filosofo.
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