Spaeculum Gloriae
La filosofia non è la Sapienza. La filosofia è il mezzo attraverso cui si è tentato di catturare l'incatturabile, cioè la Sapienza come Verità. La Cura (Philein) della Chiarezza, della Luce (Saphés), della Verità o Sapienza, se si preferisce, è il presupposto sconosciuto del ricercatore, dell'Avente-Cura, che se fosse ciò che cerca non cercherebbe più. Neanche riconoscerebbe più se stesso come il Ricercatore, come l'Avente-Cura. Egli probabilmente SAREBBE esso stesso Verità, pur essendo empiricamente impossibile e, tuttavia, a ciò il suo esserci si attesterebbe. Senza più desiderio, senza più volontà. Come pure già Spinoza scriveva nella sua "Ethica": "L'amore intellettuale della mente verso Dio è lo stesso amore di Dio, con il quale Dio ama se stesso, non in quanto è infinito, ma in quanto può essere esplicato mediante l'essenza della mente umana considerata sotto l'aspetto dell'eternità; cioè, l'amore intellettuale della mente verso Dio è parte dell'amore infinito con il quale Dio ama se stesso". ( V, Prop. XXXVI ). Mirabile gioco di specchi. Dio - il Tutto nella sua infinita espressività - si riflette nella mente umana che lo ama, amando - cioè aderendo con Cura e Gioia alla Totalità dell'essente - se stesso. E l'amore intellettuale di Dio è riflesso di Dio, ovvero dell'innocente beatitudine della sua follia. Follia? Sì, perché Dio - ovvero la Realtà nascosta originaria del Tutto, la Sorgente del Tutto, non lo giudica, ma lo lascia alla deriva della sua inerzia necessaria e necessitante, in Spinoza. Ma la contraddizione tra ciò che Dio è e ciò che fa, rimane, già in quel suo "fare", "agire": non solo l'essere eterno muta perché "crea", ma ciò che "crea" muta annullando se stesso, essendo in se stesso nulla, poiché o espressione del divenire infinitamente inconcepibile della volontà o dell'essere di Dio, o perché eterno ritorno del nulla degli enti che vanno e vengono, oscillando tra non essere ed essere. Tra quell'esserci e il "nascondimento" del suo "fondamento". Ed è se il Sapiente conosce questa Realtà, che egli è Beato. Uno, con la nascosta Natura naturante delle cose. La COSA. In questo tratto essenziale della metafisica si insinua l'impossibile, l'errore. Nella identificazione di una Unità essente in sé che sia separata dal Tutto o ad essa identica. Ma la Struttura che connette il Tutto è l'"oggetto" del filosofo. Dell'Avente-Cura della Verità. Senza che questi, nella circoscritta dimensione del suo io empirico sappia perché cerca e si cura della Verità. Estraneo cognitivamente al suo oggetto, non lo è tuttavia originariamente, essendo egli stesso l'essente che connette, il nesso immanente alla Forma del Tutto. Essendo necessariamente già il "suo" stesso oggetto. Necessariamente perché l'essente che al di qua dell'io empirico appare trascendentalmente - altrimenti lo stesso essente come io empirico sarebbe impossibile - "in-visibile" ma immanente all'apparire empirico, è essente della totalità, legato e distinto, non separato, dal Tutto e dalla sua specifica costellazione. E per l'impossibilità che esso venga dal nulla, come è impossibile che l'essente tutto venga o vada nel nulla, allora il Tutto, l'essente e gli essenti sono eterni. L'esser sé dell'essente è il de-stare di sé, il fondamento strutturale di una dinamica infinita di relazioni, una spirale infinita che brilla trascendentalmente di sé. Ecco perché l'esser sé dell'essente implica l'esclusione metafisica di Dio, ogni essente è un dio. Il filosofo è la violazione alienata del Destino, ne è il figlio ignorante, e per giungervi deve raccogliersi al di là dell'errore nichilistico che "vuole" l'essente venire dal nulla e al nulla tornare. Deve oltrepassare il Meridiano Zero, ma rovesciando alla radice la teoresi del pensiero e della fede che crede nel nulla dell'ente e nella sua alienazione dalla totalità dell'essente e del tempo in cui appare.Il nesso che l'essente rappresenta è il legame strutturale con l'eternità del Tutto. La Gloria il mostrarsi "futuro" della totalità dei nessi. Il filosofo brucia in quello stesso divenire dal nulla e verso il nulla, ma nella comprensione, nella "coscienza" trascendentale - che pur gli è interdetta - che il suo apparire e scomparire sono l'accadere della Contraddizione che gioca il compiersi del suo cerchio, come della totalità dei cerchi che appaiono e scompaiono per compiere la manifestazione del Tutto della Gioia dell'essente.